|
|
|
lettera a Franco Esposito in uscita del suo libro di poesie "frontiera di lago"
Caro Franco, quante volte deve sorgere il sole per coglierne la sua potenza di calore e illuminazione? Una…o forse due, come le tue poesie, attratte da giochi d’ombra a cavallo di lampioni, come vento sulle vele, rughe sulla fronte che firmano del tempo, la condanna a esser nulla, ma non annullato, quando in Lacrime di pietra reciti: si può urlare, parlare / anche vivendo, non vivendo l’arrendevole cedevolezza che il poeta deve sostenere di fronte all’ingiustizia di denuncia per ogni abuso intellettuale.
Immagino l’urlo, incessante durato dieci anni (tanto il tempo a partorire il libro), sospeso nella gola di questa tua raccolta; poeta per tradizione e per destino, perché vivere si eredita dalla vita stessa, come il mestiere di respirare, che sia odore de Il tuo volto greco: due labbra carnose mi hanno ricordato / un giovane, grande amore. / Un brivido / nel segreto della notte o quello A mia madre: dal suo volto di bambola di cera / ancora paura e pianto / per le mie lunghe partenze a raggiungere il grande sorriso de La ragazza di Chambéry che ognuno porta in se.
Questi versi, accompagnano come un marinaio autorevole, ma non autoritario, oltre la frontiera di lago per cibare la memoria dell’uomo, di confortevole perdono e comprensione per la vulnerabilità del Vivere, mi giro indietro e vedo / solo cenere e fiori, / sorrisi e delusioni, amori e tradimenti ma la voce del monaco d’Oriente / mi ricorda che prima dell’alba / sentiremo il symandron suonare sciarade tridimensionali; sul comodino dei sogni, pagina dopo pagina, la poesia stessa versa solitaria terapia…se condivisa.
|
|