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faccio saliva impasto la carta faccio saliva e sputo rabbia, fiumi di sangue di pomodoro se non ti conosco fiuto l’odore, come un’anguilla che s’alimenta di solo escremento, nel ciclo infinito di questa mia vita nuoto in silenzio il rovescio del pianto, lacrime forti dentro ai miei occhi, un coltello macello sventra il mattino, foglie di faggio nel mio cuscino e poi di corsa amarci in giardino, nella bellezza delle tue facce medaglie perse incise per strada tra bende di Lazzaro e falli imperiali, portami a spasso fra le gambe del cielo, sono le maschere di tutti i tuoi palchi, le gole arse dei karaoke, monumenti di baci a tonnellate e poi a casa fammi sentire la melodia dell’utero in fiore, il fischio del cuore del girasole, le acide ascelle di sapienti parenti, “se non ti piace ti riempio di botte, devi venire a tutti i costi, guai se ti tocchi”, ma quando son sano chiedo al dio che hai nei polmoni di farmi sentire il tuo respiro, per san Nicola e i suoi bambini, san Biagio spegne la gola in fiamme, per il delirio sant’Egidio, nel buio assoluto che porti addosso, sono l’ossario da conservare nel sale, nel silenzio costante di ogni lamento scandisco il tempo col ginocchio sul petto, un sudario che vola il contorno del sogno, dalla clausura delle tua bocca al viola colore del tuo carnevale, dall’amore in macchina coi sedili in plastica, al bacia mano del papa sovrano, la stella che bolle la rivoluzione e le cinque punte per lotta continua, una spremuta di santa vita come la Sindone nuova e quella antica lavata a freddo in lavatrice e la sua acqua al mattino per sciacquarmi la faccia, scalare le natiche in orizzontale, scoprire il segreto del tuo umido pelo, nell’occhio del sole che passa le tende, carezze fresche che san di caffè, poi la sveglia si sveglia coi secondi in ore e gonfio lo spazio fra le tue gambe con la mia di carne, “quel che desideri attento che potresti ottenerlo”, mentre Battisti dall’alto dei cieli continua a vendere dischi
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